Recensione al film argentino " Il cittadino illustre"
Foto tratta dal web
Recensione a “Il cittadino illustre” Argentina 2016 – Regia di Mariano Cohn e
Gaston Duprat – con Oscar Martinez ,
Dady Brieva e Andrea Frigerio.
Il viaggio di Daniel Mantovani è una sorta di viaggio
iniziatico, da Barcelona a Salas, paese natale del protagonista, paesino da cui
era fuggito all’età di vent’anni e in cui non aveva più fatto ritorno.
Daniel ha vinto il premio Nobel, ma è uno scrittore in
difficoltà perché da cinque anni non produce letteratura e questo genera in lui
una crisi esistenziale. Si chiude in sé e non accetta inviti da nessuno, né a
Premi, né a onorificenze, né a celebrazioni.
Solo l’invito arrivato dal suo paese natale fa sì che nella
sua mente si crei, prima la curiosità, poi la necessità di partire.
In questo film la regia cura sapientemente i temi cari a Jorge
Luis Borges (citato due volte nel film), il tema dell’irreale, del tempo,
dell’esistenza di molteplici realtà: “ La realtà non esiste” - si farà dire al
protagonista – “ nella realtà non ci sono fatti ma interpretazioni. La verità o
ciò che definiamo verità è una interpretazione che ha prevalso sulle altre”.
Anche la scelta del nome del paesino è significativa: Salas può essere letto al contrario da destra
verso sinistra col medesimo risultato.
Sulla scena sono presenti maschere, immagini caricaturali,
il tema del “diverso” come limite fisico, psichico, cognitivo, sociale. La
parola “rispetto” è un dogma, stampato sulla fronte e nel profondo delle
convenzioni del piccolo paese. Tutto ciò che non viene considerato rispettabile è
suscettibile di terribili conseguenze.
Perché Daniel sente l’impulso poi seguito dall’azione, di
tornare a Salas? Il suo Daimon, il suo
inconscio lo spingono a tornare. C’è qualcosa da risolvere, qualche nodo
da sciogliere. Nodi interiori, ricordi rimossi che chiedono di essere portati
alla luce.
Senza questo importante passaggio Daniel uomo non troverà
pace, Daniel scrittore non potrà superare
- finalmente - il deserto creativo.
Il lato oscuro della vicenda - il doppio -
è presente fin da subito al suo arrivo:
nella scena di fronte al fuoco improvvisato, Daniel brucia
anche metaforicamente, pagine di un suo libro -
“non avrei mai creduto di dover bruciare i miei libri per
sopravvivere”- dice - , lo scrittore racconta la storia di due
gemelli, storia significativa sul tema dell’irrealtà, della verità soggettiva,
e anche il suo viso illuminato solo per metà dalla fiamma del fuoco, appare nettamente
diviso in un lato ombra e un lato luce.
Il doppio si esprimerà, come in tutte le storie,
nell’alternanza fra male e bene (anche il quadro preferito dai giurati nella
gara di pittura è doppio, a voler rimarcare l’importanza delle duplici o
molteplici facce della realtà).
I personaggi buoni saranno quasi bidimensionali, appiattiti,
trasparenti, prenderanno la scena invece i lati caricaturali dei personaggi che
mano a mano si succederanno portando ognuno il proprio messaggio al
protagonista.
Anche la maschera giocherà un ruolo: la barba di uno dei
gemelli della storia raccontata, barba eliminata quando è necessario cambiare
ruolo e identità; vestito e corona della reginetta; il vestito da gaucho donato
al protagonista; lo specchio; i soggetti dei quadri in gara, e poi ancora la
maschera di sangue e la maschera bianca durante la “battuta di caccia”.
Innumerevoli maschere, necessarie allo svolgersi e al compiersi di questo
mitico viaggio dell’eroe, che ha scelto la Parola libera da maschere e ipocrisie; la Parola essenziale, audace e
coraggiosa.
Daniel nel suo paese natale è un “diverso”, per il suo
anticonformismo e per la sua scelta di libertà da convenzioni e dettami sociali
imposti. Per tutto questo dovrà pagare un prezzo, tuttavia necessario per proseguire
nel suo cammino di uomo e intellettuale libero. Affronta il proprio destino ,che
già pare delinearsi oscuramente fin dai primi passi all’arrivo in Argentina.
Qualcosa è stato rimosso nell’inconscio del protagonista,
qualcosa è andato perduto nei meandri della mente e del cuore, dimenticato (
come gli ricorda con la necessaria insistenza e spregiudicatezza la giovane
ragazza che conosce tutta la sua opera letteraria) : “la buona letteratura
nasce dalla sofferenza” aveva dichiarato Daniel in un suo vecchio libro - “situazioni di relativa tranquillità producono
una letteratura mediocre”.
Daniel ha bisogno di ricordare e solo replicando, aumentando
e sdoppiando quella realtà , fino ad un epilogo scioccante e catartico può
accedere a nuove prospettive e riprendere a fluire.
Il protagonista del film potrebbe anche non aver mai fatto
quel viaggio in Argentina.
Potrebbe essersi limitato a sognare, portando in scena nel
suo mondo onirico quelle potenti figure archetipe presenti nel suo inconscio,
figure agite con i visi e i corpi di personaggi conosciuti e sconosciuti del
suo passato.
Tutto è necessario per il suo Daimon. Riportare alla luce,
rievocare parti di sé troppo a lungo nascoste, che - come tutti i contenuti
rimossi - possono tornare negli uomini sotto
forma di malattia, nell’artista come deserto creativo.
Daniel, risolve. Nella realtà, o nella finzione del sogno ( quale è più reale? ) compie il suo viaggio e
rinasce. L’eroe moderno può, con le ferite e le cicatrici necessarie,
riprendere il proprio cammino creativo e di vita.
Sassari, 5 agosto 2017
Luisella
Pisottu


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