Efesto, mito da riscoprire.
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Hai occhi grandi d’Etna
montagna pacata
saggezza delle poche parole,
del Sé
che lascia al mondo
il gusto di rappresentarsi.
Lo osservi quel mondo
col cuore
di chi non è stato invitato.
Nel sacco mattoni e fango
tuo fuoco
a costruire Bellezza che restituirà vita.
Integrità del profondo il tuo rito,
specchio d'umanità che sei,
siamo.
Io richiamo la vita al destino
in solchi d'emozione
separo la terra,
creo.
(di Luisella Pisottu dal libro Graffiti - Sez. Dee, voci del femminile- Afrodite.)

La poesia Efesto e la riflessione che segue sono stati da me scritti nell'anno 2008 e pubblicati nel precedente Blog su Splinder.
Oggi nel 2013 scopro che il termine giapponese Hikikomori è entrato tra i neologismi nel vocabolario italiano e nella stessa realtà italiana, dove il fenomeno sta iniziando a destare preoccupazione. Forse ancora una volta abbiamo la possibilità di interrogarci sui valori che la società del 2013 sta proponendo, così come nel 2008. Qualcosa nel frattempo è cambiata?
" Nel mito di Efesto, colpisce la forza implicita e espressa di questa “potente” figura. Colgo nel suo nascere ed evolversi molti aspetti riconducibili all'attuale condizione dell'uomo.
Come tutte le figure mitiche evidenzia caratteristiche che gli danno una chiara connotazione.
Efesto vive nel mondo dei mortali, presso l'isola di Lemno, allevato amorevolmente da due ninfe marine, poi nel mondo sotterraneo di un vulcano (l'Etna). E' zoppo, escluso dall'Olimpo per volere del Padre Zeus alle prese con la rabbia, o della Madre Era per sentimenti di inadeguatezza.
Zoppo a causa della caduta o motivo per cui è stato costretto a cadere, a di-scendere.
E' dunque un dio imperfetto e per questo viene abbandonato e spesso dileggiato dagli altri dei, più “brillanti”.
E' capace di creare opere meravigliose (è un fabbro che forgia col fuoco i metalli) per gli dei dell'Olimpo, per i mortali e per sè.
Con le proprie mani, con l'estro, con l'intelligenza “Atena”, con la passione e l'amore per la Bellezza “Afrodite”, Efesto crea.
Efesto vive lontano dall'Olimpo, regno di Zeus dove ciò che conta è il potere e il successo.
Così pare abbiano scelto di fare ai giorni nostri - in Giappone- 850.000 giovani fra i 14 e i 30 anni, gli Hikikomori, che ripetono lo stesso atteggiamento psicologico di distacco efestiano dalle pressioni delle istituzioni sociali.
Vivono una intensa vita interiore/notturna inseguendo le proprie intime aspirazioni e sottraendosi al mondo reale/diurno ancora così tipicamente legato al mito di Zeus e Apollo.
Danno valore più al mondo dell'illusione che a quello della realtà sociale, dalla quale si autoescludono.
Esattamente l'opposto – almeno in apparenza - di ciò che perseguiva la filosofa Simone Weil nella
sua giovinezza (negli anni '30- '40). La Weil era ossessionata dal timore di vivere una vita di sogno , di perdersi nell'illusione. Era il suo, un amore per la realtà a volte un po' angoscioso. Ma come Efesto amava la Bellezza come prova di Verità alla quale cercava di aderire con umiltà.
Tuttavia nella figura efestiana vedo la possibilità di riscatto dell'uomo moderno, alle prese con una crisi globale che mina in profondità tutte le certezze costruite in secoli di civiltà patriarcale fondata sui miti del successo, dell'apparenza, del potere perpetrato con la forza e l'arroganza. Con la guerra.
Se è vero che alle crisi seguono fasi cicliche e fisiologiche di cambiamento, può darsi che si stia effettivamente transitando verso un modello più vicino a quello matriarcale. O un modello che almeno evidenzi e valorizzi caratteristiche umane maschili e femminili, finora schiacciate perchè ritenute inopportune, come le emozioni, la passione, l'umanità intesa come sensibilità, empatia e compassione. Solidarietà.
Che si possa ripartire da questo? Dalla passione del fare - con pazienza e precisione - del costruire umilmente con le mani, attraverso il fuoco degli ideali - con onestà - la nuova Bellezza del nostro vivere? "
Luisella Pisottu



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